venerdì 26 dicembre 2014

G. PIOMBANTI – GUIDA DI SAN MINIATO – SPEDALI RIUNITI



Estratto da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 116-123.

[116] SPEDALI RIUNITI

Prima di parlare degli Spedali riuniti, che in piazza S. Caterina di sé fan bella mostra, si dirà un cenno di quelli, che anticamente fuori di S. Miniato e in S. Miniato stesso esistevano. – A S. gonda, nel borgo detto la Catena, fu uno spedale, del quale si parla in un istrumento del 1354, citato dal Lami nell’Odeporico. – Nel secolo XVI esisteva sempre lo spedale di S. Lazzaro, presso la Bastìa, nel quale si ricevevano e si curavano i poveri lebbrosi; anche oggi vi è in quel luogo una cappella allo stesso santo dedicata. E’ questa probabilmente quella casa dei lebbrosi, di [117] cui fa parola nella sua bolla al proposto di S. Genesio il papa Celestino III nel 1194, esistente allora in quel borgo. – Fuori della porta Ser Ridolfo, sul bivio conducente da una parte al Camposanto, e dall’altra alle colline, dove anticamente fu un fortilizio a difesa di S. Miniato, era uno spedale per gli appestati, detto delle colline, di S. Maria Annunziata, ed anche di S. Maria a Fortino, che il Conti dice probabilmente eretto in occasione della pestilenza del 1327, dagli operai di quell’oratorio, che pure lo amministravano. A questo spedale si trovan fatte donazioni, da benefattori di S. Miniato, in diversi testamenti del secolo quattordicesimo e quindicesimo. Anche il Comune gli pagava un annuo sussidio. Non sappiamo quando cessò di esistere. Nel 1459 trovo che lìillustre medico Giovanni Chellini, il quale in S. Domenico ha quel bel monumento, lasciò, con suo testamento, ai domenicani l’oratorio di S. Maria a Fortino coll’obbligo di farci la festa della Natività della Madonna, cui è dedicato, e di celebrarvi alcune messe. Quei religiosi poi, dai tempi di Pietro Leopoldo sino all’ultima soppressione, a propria sepoltura lo destinarono. V’ha sull’altare una tavola, che, in alto, racchiude la Vergine col bambino, intorno alla quale son dipinti diversi santi di vivace espressione. Appartiene presentemente all’Arciconfraternita della Misericordia; potrebb’essere meglio tenuto, e bene [118] ci starebbe un’iscrizione commemorativa. – Il medesimo benemerito cittadino Giovanni Chellini, difaccia alla Costa di S. Cosimo, in via Faognana di sopra, fondò nel secolo XV uno spedale od ospizio pei poveri sacerdoti pellegrini, in cui doveva pur dimorare un sacerdote del luogo per riceverli ed averne cura. Il suo ingresso era difeso da logge, perché i pellegrini potessero dirci messa. E' dedicata alla SS. Annunziata e ai santi Cosimo e Damiano. L'Annunziata è dipinta nel muro sull'altare, ed ai lati si vedono i profeti Isaìa ed Ezechiele. Pietro Leopoldo lo soppresse nel 1784 e coi suoi beni si fondò un benefizio ecclesiastico col titolo: Spedale della SS. Annunziata e S. Cosimo e Damiano. Gli eredi lo hanno conservato e il cappellano investitone soddisfa gli obblighi. – Nella stessa via, prima di entrare in piazza Taddei, leggesi un'iscrizione latina, la quale ricorda che il sacerdote Giacomo Vanni, nel 1708, ivi edificò uno spedale pei poveri, che non si sa qual esito avesse, e quanto tempo durasse (28) [VAI ALLE NOTE ↗]. – Nella piazzetta del Fondo esisteva già, nel secolo XIV, lo spedale pei poveri, detto di S. Croce del Fondo, e un sacerdote ne aveva la direzione; il comune gli dava un annuo sussidio di venticinque danari. Un tal Bartolommeo Buonaparte nel 1331 gli lasciava il suo letto; e nel caso che i suoi eredi [119] venissero a mancare, i suoi beni dichiarava che passassero a questo spedale. – Accanto alla chiesa di S. Stefano esisteva da tempo antico la Percettoria dei canonici regolari di S. Antonio di Vienna, nel Delfinato, presso la quale nel 1352 l'antoniano fra Giovanni Guidotti, del baliato di S. Antonio in Toscana, edificò un ospedale pei lebbrosi. Esso si estendeva dal vicolo delle fornaci (ora murato presso il Ginnasio) fino alla suddetta chiesa. Avevano per insegna un T, il quale, scolpito in marmo, tuttavia si conserva nella parete esterna della chiesa medesima, sullo sdrucciolo che va in piazza Buonaparte. Nemmeno di questo spedale sappiamo l'epoca della cessazione. – Nel secolo XIII, a quanto sembra, la compagnia di S. Martino, esistente nella chiesa degli Agostiniani a Castiglione, la quale poi si unì a quella di S. Caterina, fondava nella contrada di Poggighisi, presso Borghizzi, lo spedale di S. Martino pei poveri abbandonati e pei viandanti, a similitudine di quello del Bigallo di Firenze, al quale poscia fu unito e ne divenne succursale. Ebbe approvazione e sussidi dal comune, e trovasi pur citato col nome di casa dei poveri. Fu accresciuto, dice il Conti, coll'eredità di Meo Strasoldo, che nel 1298 lasciò ai poveri di Gesù Cristo case e terre, colla patria carità di Manno di Guidone donati nel 1378, e coi legati di Giovanni Chellini nel 1459. Per legge di Cosimo I, i [120] capitani del Bigallo dovevano rivedere i conti, ogni anno, agli spedali della Toscana, e, coi loro risparmi, raccogliere e mantenere i figliuoli abbandonati. E sebbene dallo spedale di S. Martino, colle loro revisioni, avessero ritratto oltre tremila scudi, di esso nessuno cura si davano. Onde abbiamo una lettera dei deputati della compagnia di S. Caterina e di S. Martino riunite, del 10 maggio 1714, ai capitani del Bigallo diretta, nella quale si sollecitano a restaurarlo e provvederlo, come dovevano, poiché minacciava rovina, ed era l'unico luogo pio che allora in questa città si trovava. Il restauro alla peggio si fece, ma i poveri non vi potevano alloggiare. Intervenne la carità e lo zelo del vescovo infaticabile mons. Francesco Poggi, il quale nello stesso 1714, accanto alla chiesa di S. Iacopo e Filippo di Pancole, dette principio ad uno spedale pei poveri infermi, a S. Niccolò di Bari dedicato, dal titolo della cappella di questo santo, ivi esistente, eretta dallo Spagliagrani. Due anni dopo, avendoci riunito lo spedale di S. Martino, lo benedì e lo inaugurò affidandolo ai frati di S. Giovanni di Dio. Poche rendite aveva, e i malati si mantenevano dal vescovo, dai cittadini, da sussidi del governo. L'anno seguente lo tolse ai frati, e due di loro, terziari, andavano cercando limosine per lo spedale. Soppressa la parrocchia di Pancole, esso fu alquanto ingrandito; ma poi a quello [121] di S. Maria della Scala venne riunito, come vedremo. Il locale lo comprò il comune nel 1864 per uso di caserma, ed ora è affittato. – Coll'approvazione del comune di S. Miniato, lo spedalingo di S. Maria della Scala di Siena apriva nel 1333, presso la chiesa di S. Caterina, uno spedale per accogliervi i gettatelli. Era amministrato e diretto dai religiosi ospitalieri di Siena, che portavano sul petto una piccola scala a tre sbarre, da una croce sormontata, la quale è rimasta come stemma di questo spedale. Vi tenevano un rettore, che loro rendeva conto della sua amministrazione, e Ildebrandino Buonaparte fu il primo. Molti furono gli orfanelli dell'uno e dell'altro sesso raccolti e mantenuti, nel corso di tanti anni, e poté dirsi davvero una provvidenza pel comune. Aveva una chiesetta interna con tre altari e campanile. Per lo zelo del vescovo Cortigiani, aiutato dal sacerdote Agostino Pecorini e da altri, parte dello spedale dei gettatelli veniva destinato a ricevere, nel 1696, anco i malati adulti, e si acquistarono a tal fine alcuni letti. – Finalmente il granduca Pietro Leopoldo volle dare a S. Miniato uno spedale, che al bisogno veramente corrispondesse, e di cui era privo. Data la maggior parte del soppresso vicino convento di S. Caterina e dei suoi possessi a quello dei gettatelli, soppressi, nel 1786, gli altri spedali che ancora esistevano, tutti li univa in questo solo [122] col nome di Spedali riuniti di S. Miniato, ordinando però che l'amministrazione di quello dei malati dall'altro dei gettatelli fosse separata. Quindi si pose mano alla riduzione delle vecchie fabbriche in quella che presentemente si vede. I seguenti benefattori aumentaron le rendite, che il detto granduca gli aveva assegnato. Pietro Fenzi da Empoli oltre centomila lire gli lasciava, con obbligo di cinque doti, e sussidi ai malati particolari; un'iscrizione marmorea in sua lode nel 1829 vi posero. Dal conte Galli Tassi ebbe più di diecimila lire nel 1852, e dal suo medico direttore Giuseppe Maria Berni quindicimila nel 1873. Anche a quest'ultimo, nell'atrio, posero una memoria. – Bello, comodo, pulito, ben situato e arieggiato è ora lo spedale di S. Miniato, e di tutto ciò che la scienza medica ha saputo trovare a sollievo della umanità sofferente saggiamente provvisto. Ha due grandi sale simmetriche a pianterreno, pel trasporto dei malati comodissime, una per gli uomini, per le donne l'altra, di bei letti di ferro igienici a rete metallica forniti, ciascuna delle quali può contenerne meglio di venti. Essendo esso assai grande per gli ordinari bisogni, il suo piano superiore, fino al 1886, venne destinato ai dementi cronici d'ambo i sessi, che in numero di trentasei dall'amministrazione del manicomio di Firenze sonoci mantenuti, del quale questo può dirsi una succursale. [123] Ha unito il ricovero dei gettatelli, che più vicino alla chiesa di S. Caterina si trova. Fino al 1879 amministrava questi spedali un rettore; presentemente v'ha una commissione amministratrice. Vi risiede un bravo direttore medico e un cappellano (29) [VAI ALLE NOTE ↗].

"Spedali Riuniti" e Piazza XX Settembre, già Santa Caterina
Foto di Francesco Fiumalbi

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